Con la sentenza n. 48845/2023 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per un uomo per il reato di tentato omicidio e maltrattamenti.
L'uomo ha aggredito la moglie strangolandola e sollevandola da terra. La donna è stata salvata dall'intervento del figlio, che ha afferrato il padre e lo ha indotto a lasciare la presa.
La donna presentava ecchimosi in regione laterocervicale. Le dichiarazioni della donna e del figlio hanno inoltre messo in luce un quadro di maltrattamenti cui la donna era stata sottoposta per anni.
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per tentato omicidio di un uomo che aveva aggredito la moglie strangolandola.
La Corte ha ritenuto che l'azione dell'uomo fosse idonea a cagionare la morte della moglie, in quanto aveva afferrato la donna per il collo, l'aveva spinta contro il muro e l'aveva sollevata da terra, provocandone l'offuscamento della vista e una momentanea perdita di conoscenza.
In particolare, la Corte ha sottolineato che:
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Il collo è sede di organi vitali e la sua compromissione può determinare gravi conseguenze, anche letali.
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La pressione esercitata dal marito sulla moglie era stata tale da cagionare ecchimosi di 5 cm x 1 cm.
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L'intervento del figlio della coppia aveva interrotto l'aggressione, ma non è certo che la donna non sarebbe morta se non fosse stato soccorso.
La Corte ha inoltre ritenuto che l'uomo avesse agito con dolo, in quanto aveva riconosciuto di aver stretto troppo la presa.
La decisione della Corte è in linea con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la scarsa entità (o anche l'inesistenza) delle lesioni provocate alla persona offesa non è circostanza idonea ad escludere di per sé l'intenzione omicida.