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Reato continuato in sede di esecuzione

giovedì 21 novembre 2024

La recente sentenza n. 41381 del 2024 della Prima Sezione arricchisce il panorama Giurisprudenziale sul reato continuato. In essa, la Suprema Corte, ha offerto un'utile guida operativa con indicazioni preziose per l'applicazione pratica di tale figura giuridica.

La Prima Sezione ha avuto modo di chiarire i profili per il riconoscimento - in sede esecutiva - del reato continuato.

Nello specifico viene evidenziato:
➡️ è necessario che il giudice di merito - attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse - individui precisi indici rivelatori tali da sostenere la conclusione, cui eventualmente perviene, della sostanziale unicità del disegno criminoso. Per tale va intesa la rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici - almeno nelle loro linee essenziali - da parte del soggetto agente, sì da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di ridotta pericolosità sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio più mite rispetto al cumulo materiale (ex multis Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv 248862).

➡️  la copiosa elaborazione giurisprudenziale - maturata in questa sede di legittimità - ha individuato i possibili «indici rivelatori» della effettiva preordinazione unitaria: nella ridotta distanza cronologica tra i diversi fatti, nelle concrete modalità della condotta, nella medesimezza del bene tutelato, nell'apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di detti elementi purchè significativi (così Sez. I n. 44862 del 5.11.2008, rv 242098).

➡️ la nozione di continuazione neppure può ridursi all'ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacché siffatta definizione di dettaglio oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di "disegno", porrebbe l'istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa. Quello che occorre, invece, è che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine.

➡️ La programmazione può essere perciò ab origine anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di 'adattamento' alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico (in tal senso Sez. I n. 12905 del 17.3.2010, rv 246838).