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STRAPPARE IL CELLULARE A QUALCUNO INTEGRA IL DELITTO DI RAPINA

venerdì 13 ottobre 2023

Nel delitto di rapina, l'ingiusto profitto non deve necessariamente concretarsi in un'utilità materiale, potendo consistere anche in un vantaggio di natura morale o sentimentale che l'agente si riproponga di conseguire, sia pure in via mediata, dalla condotta di sottrazione ed impossessamento, con violenza o minaccia, della cosa mobile altrui (confermata la condanna per rapina per l'imputato che aveva sottratto di prepotenza lo smartphone della propria compagna per poter vedere la rubrica telefonica e i messaggi).

IL FATTO

Tizio strappa alla compagna Caia il cellulare di mano per controllare messaggi e rubrica telefonica.

La Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza in data del G.i.p. del Tribunale di Bologna, che aveva condannato Tizio per i reati di rapina impropria, lesioni aggravate, violenza privata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 45557/2021 afferma

«1. Il ricorso è inammissibile perché meramente reiterativo delle medesime questioni proposte con il gravame e correttamente risolte dalla Corte di appello che: a) ha rilevato come nel capo di imputazione sia contestata "inequivocabilmente" la fattispecie di cui all'art. 628 c.p., comma 2, così che non poteva ritenersi configurata nessuna violazione dell'art. 521 c.p.p., visto che la sentenza ha condannato per il reato contestato nell'imputazione; b) ha spiegato che i fatti configurano, in effetti, una rapina impropria; c) ha evidenziato come fosse irrilevante che F. -con l'impossessamento violento del telefono- non perseguisse uno scopo di lucro, attesa la nozione di profitto correlata al delitto di rapina, che non deve necessariamente concretarsi in un'utilità materiale; c) ha evidenziato come non vi fosse nessuna potenziale inconciliabilità tra la rapina e la violenza privata contestate a F., perché tali delitti non venivano perpetrati con una sola condotta, bensì con due distinte condotte, poste in tempi diversi.

2. A fronte di una lineare e adeguata motivazione, strettamente ancorata a una completa e approfondita disamina delle risultanze processuali, nel rispetto delle regole di cui all'art. 192 c.p.p., e in conformità ai principi di diritto enunciati con riguardo alle questioni esaminate, il ricorrente reitera i motivi di ricorso trascurando del tutto di confrontarsi con le ragioni argomentate della Corte di appello, se non enunciando generiche quanto apodittiche censure di illogicità della motivazione.

Da qui tutta una serie di cause di inammissibilità.

2.1. In primo luogo, il ricorso si mostra aspecifico. Tale vizio, invero, si configura non solo nel caso della indeterminatezza e genericità, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 comma 1 lett. c), all'inammissibilità (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268823; Sez. 2, Sentenza n. 11951 del 29/01/2014 Rv. 259425, Lavorato; Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).

2.2. In secondo luogo, i motivi, dietro la generica enunciazione della violazione di legge e del vizio di motivazione, in realtà non fanno altro che offrire una ricostruzione dei fatti antagonista e alternativa a quella dei giudici della doppia sentenza conforme, senza mai evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata.

Tanto emerge in maniera macroscopica con riguardo al motivo relativo alla violazione dell'art. 521 c.p.p., - dove -a fronte di una precisa e formale contestazione della norma che sanziona la rapina impropria, di una descrizione del fatto correlata a tale contestazione formale e a una sentenza del tutto coerente a tale contestazione- il ricorrente pretende che, invece, debba intendersi contestata una rapina propria, pur a dispetto della norma menzionata e del fatto enunciato.

 

Analoghe considerazioni valgono con riguardo alla pretesa unicità della condotta asseritamente correlata alla violenza privata e alla rapina, là dove la mera lettura dell'imputazione fa emergere come i delitti contestati si riferiscano e condotte del tutto autonome, cronologicamente e naturalisticamente distinte.

Vale ricordare, allora, che i vizi di motivazione possono essere esaminati in sede legittimità allorquando, non propongano censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997) le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente e idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.

1.3. Il ricorso risulta -inoltre e conseguentemente- manifestamente infondato, perché le questioni sollevate si fondano su un presupposto di fatto del tutto inesistente.

1.4. La manifesta infondatezza si rinviene anche con riguardo al tema della individuazione dell'ingiusto profitto.

A tal riguardo, la Corte di appello ha correttamente enunciato il principio secondo cui "nel delitto di rapina, l'ingiusto profitto non deve necessariamente concretarsi in un'utilità materiale, potendo consistere anche in un vantaggio di natura morale o sentimentale che l'agente si riproponga di conseguire, sia pure in via mediata, dalla condotta di sottrazione ed impossessamento, con violenza o minaccia, della cosa mobile altrui", (Sez. 2 -, Sentenza n. 23177 del 16/04/2019, Gelik, Rv. 276104 - 01).

Va rilevato come tale principio è stato enunciato su un preciso motivo di gravame, con il quale F. si doleva del fatto che "la rapina si sarebbe consumata tra persone legate da una relazione sentimentale e l'elemento specializzante del fine di profitto viene ravvisato nel conoscere il codice di accesso al telefono cellulare".

Da tale notazione emerge come il ricorrente si sia precipuamente difeso sul punto, così che non può ritenersi alcuna lesione del diritto di difesa circa il fatto contestato, con conseguente manifesta infondatezza del motivo.

3. Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.